Bitto

Pochi formaggi hanno il potere evocativo del valtellinese Bitto. Assaporare uno spicchio di questo prodotto significa trasferire i propri sensi verso gli alpeggi, portare l’olfatto fino ai pascoli estivi e il gusto alla dolcezza del latte vaccino abbinato alle migliori erbe montane.
La storia del Bitto è piuttosto antica. Creato dal popolo Celto, fino al 1995 era semplicemente conosciuto come Formaggio Grasso Valtellina. Successivamente questo prodotto, amato non solo in Lombardia ma in tutta Italia, è stato rinominato Bitto e i caseifici locali ne hanno diversificato la produzione. Attualmente in commercio esistono, infatti, due tipologie di Bitto: quello DOP e quello definito “Storico Ribelle” in quanto probabilmente più simile al formaggio di origine celtica per quanto riguarda il suo processo di produzione.

Per entrambe le tipologie di Bitto esistono delle caratteristiche comuni, come la forma cilindrica con diametro compreso fra i 30 e i 50 centimetri, lo scalzo concavo, la crosta compatta e dal giallo più intenso in base al grado di stagionatura, la quantità di grasso mai inferiore al 45%, il sapore delicato, il profumo intenso di erbe d’alpeggio, nocciola e frutta secca. La pasta del Bitto presenta un’occhiatura rada a occhio di pernice e un colore che va dal bianco al giallo paglierino in base alla stagionatura del formaggio.

In cucina il Bitto trova numerosi impieghi, nei piatti più tradizionali come in quelli fusion. Rientrano fra i grandi classici da assaporare i pizzoccheri conditi con crema di Bitto, la polenta taragna mantecata al Bitto e gli sciatt al Bitto. Da provare anche il risotto che unisce questo formaggio alla salsiccia e le crespelle prosciutto e Bitto.

In generale è possibile inserire il Bitto in tutti quei piatti che necessitano di una maggiore cremosità, quando vogliamo legare perfettamente fra loro gli ingredienti e arricchirli con un profumo inconfondibile.

Il Bitto rientra fra i formaggio considerati “da meditazione”. Per questo è consigliabile abbinare la sua degustazione a vini della stessa portata, come lo Sfursat della Valtellina, i passiti e i neri corposi come il Roccapesta Morellino, il Nebbiolo D’Alba e il Nero D’Avola.

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